Tra le riflessioni che suscita la disperazione dell’uomo palestinese, sconfitto sulle macerie di casa sua, ce n’è una talmente sotto traccia che per farla emergere occorre rovistare sul fondo del cassetto.
Già, si trova sul fondo del cassetto perché non se ne parla quasi mai, pur rappresentando essa una delle cause principali delle nefandezze commesse dagli uomini.
Perché le religioni sono così divisive? Che cosa c’è di più vano e insensato della presunzione di imporre la credenza nel proprio dio? Quand’è che l’umano perde la coscienza, la storia, la cultura scientifica e umanistica, per sprofondare in una cantonata così clamorosa come l’idea di combattere un nemico ideologico? E perché egli non mette al servizio dei rapporti di reciprocità l’unico vero strumento di relazione universale che ha coltivato attraverso il sapere? Perché il credere e non il sapere?
Il credere provoca dunque danni collaterali enormi, compresa la facilità di essere manipolati per scopi politici.
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